San Francesco: rivoluzionario ecologista ante litteram

27 settembre 2019. Fridays For Future. Terzo sciopero globale contro i cambiamenti climatici.

Uno sciopero che vede in prima linea i giovani di tutto il Pianeta a scuotere dal loro torpore indifferente i grandi della Terra.

“È vostro compito salvare il mondo dalla sofferenza, dalla morte, dal collasso, dall’estinzione. Eppure, le vostre azioni sono inefficaci e le vostre parole sono vuote. Dite di fare abbastanza, ma non è così. Come osate prenderci in giro? Come osate speculare sul nostro futuro? Come osate tradirci in nome del denaro e di una favolosa quanto inesistente crescita economica?

Ricordate che noi vi terremo d’occhio”.

Questo, più o meno, il senso del discorso di Greta al summit sui cambiamenti climatici tenutosi a New York lo scorso 23 settembre.

Greta è l’eroina e la portavoce di milioni di giovani che, in tutto il mondo, rivendicano il loro futuro e che -chissà- forse per la prima volta riusciranno ad imporre alla politica sostenuta e nutrita dai grandi capitali (cui è estranea, nei fatti, qualunque preoccupazione ambientalista ed ecologista) un’inversione di rotta e un diverso rapporto con Madre Natura. Non vi sono, infatti, riusciti nomi ben più autorevoli, a cominciare da papa Giovanni XXIII, passando per papa Paolo VI (“attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, l’uomo rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione», dando luogo, “sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, ad una vera catastrofe ecologica”), papa Giovanni Paolo II (l’essere umano sembra “non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo”), papa Benedetto XVI (che rinnovò l’invito a “eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente”) a finire con l’attuale Pontefice papa Francesco, nella sua bellissima enciclica Laudato si’. E non è un caso che il Santo Padre abbia intitolato l’enciclica con le parole che più segnano i versi del Cantico delle Creature di San Francesco.

Già papa Giovanni Paolo II, nella bolla pontificia del 6 aprile 1980, dichiarava S. Francesco patrono dei cultori dell’ecologia. Ossia di quella scienza che centra il proprio discorso (logos) sulla casa (oikos) comune all’umanità intera: la Terra. Il concetto di “casa” richiama immediatamente quelli di protezione, di rifugio, di salvezza. Ed ecco, così, che l’ecologia, nel denunciare le minacce, i pericoli che incombono sulla casa comune, cerca, al contempo, di trovare una soluzione, uno scampo ai problemi fondamentali della sopravvivenza. È, dunque, una questione di carattere salvifico che ci investe in modo radicale riguardando la dimensione etica e spirituale di ciascuno di noi: i problemi ambientali ci invitano a cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche e soprattutto in un cambiamento del nostro rapporto con la Natura, nell’ “accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta” (Patriarca Ecumenico Bartolomeo). E il poverello di Assisi riconosce appunto nella Natura un dono al quale ciascuno deve accostarsi con stupore e meraviglia. Ma, soprattutto, con rispetto. Perché gli elementi del Creato sono manifestazione di Dio che li ha creati. E a quegli elementi l’uomo è unito da un vincolo di fratellanza in quanto tutti figli di un unico Padre. Eppure, l’uomo, pur essendo l’unico essere creato a immagine e somiglianza di Dio, è anche quello che più si allontana dall’essere sua manifestazione, cedendo alle tentazioni e cadendo nel peccato. L’uomo, dunque, creatura prediletta di Dio ma macchiata dal peccato originale, è impasto di Bene e Male. La cui scelta è un libero atto di volontà. E in questo è, appunto, la grande responsabilità dell’uomo, chiamato a testimoniare, ogni giorno, con la sua condotta e le sue opere, la scelta del Divino. Tale scelta deve rivelarsi, innanzitutto, in una relazione con la Natura improntata alla fraternità e alla ricerca della bellezza. In una relazione in cui l’uomo abbandona l’atteggiamento angustamente relativistico per cui tutto perde senso e valore se non soddisfa interessi immediati; dismette la veste del dominatore, del consumatore, dello sfruttatore delle risorse naturali; rinnega quella visione distorta di antropocentrismo per cui non gli è delegata la responsabilità bensì l’assoggettamento violento della Natura. E, allora, ecco che il Cantico ci insegna a prenderci cura della nostra casa, a riconoscerne e amarne le fragilità, a riscoprirne il valore e la ricchezza. In un cammino di riconciliazione dell’uomo con Dio, con gli elementi della creazione, con sé stesso. Finché “alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio” (ex enciclica Laudato si’)