MAGICA IRPINIA: SANT'ANGELO DEI LOMBARDI

A partire da oggi, nel condividere con Voi un post di una mia carissima amica, vorrei iniziare un viaggio tra i Comuni dell’Irpinia, tentando di rendere le emozioni che mi legano, direttamente o indirettamente, alla nostra bellissima e magica terra.

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 “Il terremoto del 1980 è, per molti Comuni irpini, paragonabile alla nascita di Cristo: rappresenta lo spartiacque tra due mondi, tra due realtà umane, territoriali, persino culturali diverse. Soprattutto per coloro che hanno vissuto il terremoto, il 23 Novembre del 1980 individua l’anno 0, prima del quale e dopo il quale si può a giusta ragione dire che gli eventi possono essere classificati con la dicitura ante terraemotum factum e post terraemotum factum. Dall’anno 0 il paese è stato faticosamente e lentamente ricostruito, cercando (non sempre riuscendoci) di riprodurne il volto di un tempo, quando il centro storico, fatto di vicoli, viuzze e stradine che si snodavano tra piazza Umberto I (più nota come piazza Polmonite per il pernicioso confluire e intrecciarsi delle correnti d’aria provenienti dai quattro punti cardinali) e la Cattedrale (edificata in epoca normanna tra il 1073 e il 1085 e anch’essa interamente restaurata in seguito al sisma) ancora presentava l’impianto medioevale.

Tra quei vicoli del centro storico ho trascorso la mia infanzia più bella e spensierata quando, insieme con la mia famiglia, mi trasferivo nel paesino d’origine di mia madre per l’intero mese d’agosto. Appartenevamo, mia sorella ed io, alla razza degli austigni, ossia alla razza di quelli che, vivendo nelle più disparate parti d’Italia, si facevano vedere a Sant’Angelo solo d’estate. Eppure, il ritorno era sempre una festa e lo spazio temporale che ci separava da quel ritorno era vissuto, a un tempo, con trepidazione e insofferenza. Era un ritorno carico di volti ritrovati, di abbracci mai conclusi, di profumi peculiari, di affetti inossidabili, di luoghi cari e amati.

Tra quei vicoli, diversi eppure sempre uguali, mi piace oggi passeggiare sul finire dell’estate, quando la notte cede il posto al primo timido apparire della luce aurorale, che tinge d’oro e di rame l’orizzonte e bagna di riflessi purpurei i contorni delle case. E così, in un tempo e in uno spazio sospesi tra sogno e realtà, i vicoli mi parlano del tempo che fu, quando Giovanni inondava, all’alba, il piccolo centro storico con il profumo buono del pane appena sfornato.

La bottega di Giovanni si trovava appena sotto il livello stradale e per accedervi bisognava scendere tre o quattro scalini. Ma erano sufficienti per proiettarmi in un mondo che, a me bambina, appariva magico e fatato. Una impalpabile polvere bianca dava al forno, in piena estate, l’aspetto di un paesaggio innevato, in cui un folletto, anche lui tutto bianco, si muoveva in silenzio con agilità e sapienza.

Accompagnata dal profumo del pane raggiungo la Cattedrale. E mi fermo dinanzi alla suggestiva facciata cinquecentesca, ancora avvolta dai colori dell’alba, e al campanile a pianta quadrata, le cui campane diffondono tutt’intorno i loro rintocchi regolari.

Ecco, s’è fatto giorno. La luce, che definisce i contorni, mi strappa alla nostalgia ammaliante del passato e mi riporta alla realtà.

Certo, la Sant’Angelo di un tempo non potrà mai più essere. Troppe cose sono cambiate e troppo profondamente. Ma questo paese ha saputo reagire con dignità ed orgoglio ed è riuscito a ricostruirsi dalle sue macerie, quando sembrava che tutto fosse andato perduto e che nulla sarebbe sopravvissuto.

Questo paese è riuscito a riappropriarsi del suo fascino nella magica luce dell’aurora.”

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Foto by Silvana Planeta