MAGICA IRPINIA: SANT'ANGELO A SCALA

Il giallo delle foglie dipinge di bagliori dorati i miei passi mentre attraverso la quiete del bosco di faggio vestito dei colori dell’autunno. Le bionde chiome, che scoprono lembi di limpido cielo, fanno da volta al silenzio della natura, bisbigliando, di quando in quando al tocco del vento, lievi sussurri. Quello che si svela ai miei occhi è un paradiso incontaminato, le cui sole voci sono il cinguettio degli uccelli e il frusciare di piccoli esseri nascosti dal tappeto variopinto delle foglie d’autunno. Nell’abbraccio della natura mi riscopro intimamente unito a tutti gli elementi del Creato, appagato da un sentimento di gratitudine per aver potuto godere di un siffatto dono: la possibilità di incontrare l’infinita bellezza di Dio.

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È il miracolo che avviene nel Parco del Partenio a Sant’Angelo a Scala, il piccolo borgo che deve il suo nome, da un lato, al culto di San Michele Arcangelo, largamente diffuso in Irpinia in seguito alla dominazione longobarda, dall’altro, ad una sorta di scala scavata nella roccia, che conduceva ad una grotta dedicata all’Arcangelo Michele. Oggi tale grotta è parte del Santuario di San Silvestro Papa, un piccolo prezioso essenziale gioiello, che, sulla cima del monte Vallatrone, sembra generato dalla roccia stessa.

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Attraverso un elegante ma discreto arco di pietra calcarea, accedo al piazzale antistante la piccola chiesa e mi avvicino al portale finemente lavorato, oltre il quale un’antica campana in bronzo aspetta di essere suonata da tutti coloro che qui riescono a giungere: il suo suono, infatti, è latore di buone novelle. La sensazione di essere parte del mistero divino prende qui forma tangibile nella cavità naturale annessa alla piccola cappella, poiché dalle sue pareti sgorgano acque ritenute miracolose e terapeutiche. Infatti, si crede che l’acqua, che si raccoglie in due vasche (quella interna è utilizzata come fonte, quella esterna, alimentata dalla prima, è utilizzata per bagni miracolosi), possa guarire da tutte le malattie della pelle, se utilizzata sulla parte dolente o infetta, o possa, se bevuta, donare la fertilità.

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Ma la cappella è meta di pellegrini e devoti anche perché qui furono rinvenute, secondo la tradizione, le spoglie mortali di san Silvestro (Papa dal 314 al 335 e il cui nome, tra l’altro, resta legato al Concilio di Nicea e alla Donazione di Costantino), la cui devozione tra i fedeli santangiolesi avvenne principalmente ad opera di Papa Paolo IV Carafa (i cui natali vengono contesi tra Sant’Angelo a Scala e Capriglia), che dedicò al Santo due luoghi di culto: il santuario sul monte Vallatrone, per l’appunto, e una cappella nella chiesa di San Giacomo Apostolo (la chiesa, costruita nel 1375, è stata variamente rimaneggiata soprattutto in seguito ai terremoti del 1732 e del 1980), dove sono conservate alcune reliquie di Papa Silvestro. Ai Carafa si deve anche il Santuario dell’Incoronata, concepito come una piccola cittadella fortificata per proteggere l’esigua comunità di eremiti camaldolesi. Oggi, in seguito alla distruzione operata nel 1806 dalle truppe francesi per l’ospitalità che i monaci avrebbero dato al brigante Michele Pezza (meglio conosciuto come Fra Diavolo), rimangono solo pochi ruderi, che sorgono non lontano dal piccolo santuario dedicato a San Silvestro.

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Ad aumentare il fascino mistico di questo luogo incantevole, in cui Cielo e Terra si toccano, in cui si confondono Umano e Divino. In cui la consapevolezza di essere parte del grandioso progetto di Dio si fonde con il canto degli uccelli e il soffio del vento.

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Castello feudale

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Abbazia di San Giacomo Apostolo