MAGICA IRPINIA: MUGNANO DEL CARDINALE

Si respira un’aria di sereno misticismo a Mugnano del Cardinale, borgo della Bassa Irpinia, che porta già nel toponimo il segno del suo destino. Infatti, se “Mugnano”, in virtù della romanizzazione e della conseguente centuriazione che interessarono il territorio mugnanese tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., rimanderebbe al toponimo fundus Munianus (“fondo di Munio”, ossia fondo appartenente a un non ben identificato Munio), che, per una qualche misteriosa ragione, avrebbe assunto un’importanza tale da sopravvivere fino ad oggi e da cui, per l’appunto, deriverebbe il nome del paese, la specifica “del Cardinale” rimanda alla significativa presenza che la Chiesa ebbe in queste terre. Di proprietà dell’Abbazia di Montevergine (cui il feudo era stato ceduto nel 1312 dal barone Riccardo Scillato in cambio di altri territori che l’Abbazia possedeva nel Salernitano), il borgo ne seguì le sorti quando, nel 1430, l’Abbazia di Montevergine e i feudi che essa possedeva divennero una “commenda” e furono, perciò, sottoposti all’autorità di un cardinale “commendatario” e non più a quella dell’abate. Nello specifico, tra il 1465 e il 1485, tale “commenda” fu retta dal cardinale Giovanni d’Aragona, che, tra le altre opere, fece costruire, proprio nei pressi di Mugnano, un grande palazzo in stile badiale (che si può ammirare ancor oggi) quale sede ufficiale del cardinale commendatario di Montevergine e, perciò, chiamato “palazzo del Cardinale”. E proprio intorno a tale palazzo si formò una piccola borgata, che, col tempo, divenne sempre più estesa e importante tanto da assumere il nome di “Cardinale”, che, a sua volta, assurse, poi, a toponimo del paese tutto.

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Ma la “vocazione mistica” di Mugnano va ben oltre. Sia perché nel 1497, ad opera del cardinale Oliviero Carafa, successore di Giovanni d’Aragona quale “commendatario” di Montevergine, il borgo ospitò per qualche tempo, nel Palazzo d’Aragona, le reliquie di San Gennaro prima della definitiva traslazione nel Duomo di Napoli (le reliquie del Santo furono per caso ritrovate, durante alcuni lavori di restauro, sotto l’altare maggiore dell’Abbazia di Montevergine, dove, trafugate da Napoli dai Longobardi, erano state traslate dal re normanno Guglielmo I il Malo), sia soprattutto perché a Mugnano del Cardinale sorge il più importante santuario al mondo dedicato a Santa Filomena.

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La storia di Santa Filomena ha davvero dell’incredibile, quasi a confermare il rapporto privilegiato che questo borgo ha con la dimensione dell’Eterno. Innanzitutto, contrariamente a quanto solitamente accade, la devozione dei fedeli non è legata ad eventi edificanti della vita terrena della Santa, bensì ai miracoli e alle intercessioni da lei compiuti ben oltre la data della sua morte. Miracoli e intercessioni che, avvenuti solo dopo la traduzione delle spoglie da Roma a Mugnano nel 1805, hanno ridato “voce”, dopo ben diciassette secoli di silenzio, alla giovane martire cristiana. Che, con la sua testimonianza, ci rende estaticamente partecipi del Divino. Perché la “voce” narrante, la “voce” che ci informa della vita della Santa è la stessa Filomena, che parla rivelandosi a tre persone (un prete, uno storico e una terziaria domenicana), le quali, sconosciute l'una all'altra e geograficamente distanti, danno una versione sostanzialmente identica della vita della Santa. Tra le rivelazioni, la più nota è quella che ebbe Madre Maria Luisa di Gesù, la Fondatrice degli Oblati della Madonna Addolorata. 

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Ma facciamo prima un passo indietro. Nel maggio del 1802, a Roma, durante l’esecuzione di alcuni lavori, nella catacomba di Priscilla (la catacomba, scavata nel tufo tra il II e il V sec. d.C. e costituita da gallerie cimiteriali per una lunghezza di 13 Km, è detta anche Regina catacumbarum per la quantità dei martiri cristiani ivi sepolti -circa 40.000-, tra cui ben sette papi), fu rinvenuta la pietra funeraria di una piccola tomba che sembrava appartenere ad un’adolescente. Nella tomba, accanto alle spoglie, fu trovata un’ampolla contenente sangue essiccato, mentre il loculo era chiuso da tre tegole di terracotta, su cui erano state dipinte la scritta Pax tecum Filumena (“Filomena, la pace sia con te”) e una ricca simbologia (due ancore, tre frecce, una palma, un giglio). Le reliquie furono trasferite al Tesoro delle Reliquie di Roma fino a quando, nel 1805, don Francesco De Lucia, un giovane sacerdote di Mugnano del Cardinale della Diocesi di Nola, giunto a Roma al seguito di mons. Bartolomeo De Cesare (futuro vescovo di Potenza) chiese in dono a mons. Ponzetti, custode delle reliquie, il corpo della Santa martire. Esaudita la richiesta, le venerabili spoglie furono trasportate a Mugnano del Cardinale nella chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie.

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Fin qui -e unicamente queste- le testimonianze tangibili relative a Santa Filomena. Della cui biografia, pertanto, nulla si sapeva. Finché, nel 1833, la martire-bambina rivelò a Madre Maria Luisa di Gesù notizie sulla sua vita e sul suo martirio (la Rivelazione scritta da suor Maria Luisa di Gesù ricevette l’approvazione del Sant’Uffizio il 21 dicembre del 1833). Figlia di un principe che governava un piccolo stato in Grecia (forse Corfù), fu dai genitori, che si erano convertiti al Cristianesimo, chiamata Lumena (con allusione alla luce della Fede di cui la bimba era stata il frutto), mentre il giorno del battesimo ricevette il nome di Filumena, ossia Figlia della Luce, perché in quel giorno era nata alla Fede. All’età di tredici anni fece voto al Signore della sua castità verginale. In quello stesso periodo l’imperatore Diocleziano dichiarò ingiustamente guerra al padre di Filumena, che, perciò, decise di recarsi a Roma per perorare la sua causa, portando con sé la figlia. La bellezza verginale della fanciulla colpisce a tal punto l’imperatore che questi decide di prenderla in sposa. Il fermo rifiuto di Filumena scatena l’ira di Diocleziano, che la condanna ai più atroci tormenti, dai quali, per intervento della Grazia divina, la ragazza esce, però, sempre miracolosamente illesa. E, infatti, dopo quaranta giorni di prigionia, la ragazza prima viene barbaramente flagellata; poi, legata un’ancora intorno al collo, viene gettata nelle profondità delle acque del Tevere; quindi, viene subissata con una pioggia di frecce (che, però, prima, si rifiutano di raggiungere il loro obiettivo, poi, invertono la loro traiettoria per colpire coloro che le avevano scagliate). Alfine, Diocleziano ordina che Filumena venga decapitata.

E fu così che l’anima della piccola martire volò verso il suo sposo celeste, ricevendo la corona della verginità e il palmo del martirio.   

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L’invitto amore per Cristo, sorretto da una fede tenace e granitica, rese Filomena così cara al cuore di Dio da farne strumento privilegiato di intercessione di innumerevoli grazie e miracoli. Personaggi noti dell’epoca come Pauline Jaricot (fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede e del Rosario vivente) e il santo Curato d’Ars ricevettero la guarigione completa. Per non parlare delle guarigioni miracolose di storpi, ciechi, paralitici. O del miracolo della sudorazione di una statua lignea della Santa. O della protezione di Mugnano dalla peste del 1836.  

Celebri devoti della Santa furono Leone XII, Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, san Pio X, padre Pio da Pietrelcina. Cui si uniscono le tante voci di preghiera di umili fedeli in un unico sincero coro di lode a colei cui la Fede ha donato il respiro vitale dell’Eterno.

 mugnano_7jpgChiesa Maria Santissima del Carmine e San Liberatore

mugnano_8jpgChiesa Maria Santissima del Carmine e San Liberatore

mugnano_15jpg Chiesa dell'Ascensione


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Chiesa di San Michele

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Convento di San Pietro a Cesarano

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Processione Maria Santissima delle Grazie

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I Battenti di Santa Filomena

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Santuario di Santa Filomena  e l'ex orfanotrofio Maria Cristina di Savoia