MAGICA IRPINIA: CONTRADA

La presenza dei Longobardi nelle nostre terre d’Irpinia ha lasciato, spesso, tracce indelebili, talune immediatamente rinvenibili negli stessi toponimi dei borghi, talune nelle poderose fortificazioni, talaltre nel culto dell’Arcangelo Michele. È, questo, il caso di Contrada, un delizioso piccolo borgo, che profuma di castagne e di nocciole e che riempie lo sguardo dell’azzurro intenso del cielo e del verde brillante dei boschi.

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Il culto di Michele Arcangelo fu introdotto nel 667 dai Longobardi, allorché l’esercito di Romualdo (che, con il padre Grimoaldo, era signore del ducato di Benevento) riuscì a sconfiggere i Bizantini nella piana di Forino l'8 maggio del 663. Così i Longobardi, saliti in cima al monte Faliesi, scavarono una grotta nella roccia in onore dell’Arcangelo Michele, loro santo protettore, ed eressero a lui un altare, venerato ancora oggi. E, infatti, il culto dell'Arcangelo, radicatissimo fra le comunità contadine locali che frequentavano la montagna per rifornirsi di legna, frutta e selvaggina, trova la sua consacrazione durante la tradizionale festa che ogni anno, l’8 maggio, vede la processione dei pellegrini snodarsi sino al santuario in cima al monte Faliesi.

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La grotta scavata dall’esercito longobardo, una caverna stillante acqua sorgiva che si raccoglie in due piccole cavità scavate ai due lati della roccia, ospita due altari: il primo, posto a poca distanza dall'ingresso, reca fiori e ceri votivi, l'altro, incastonato verso il fondo della caverna, è dotato di uno spazio retrostante che permette ai pellegrini di girarci attorno. Infatti, tradizionalmente, chi visita la grotta deve compiere sette giri intorno all'altare, esprimendo altrettanti desideri.

Uscendo dalla grotta, ci si inoltra verso un promontorio che si affaccia sul comune di Contrada e da cui è possibile, nelle giornate limpide, volgendo lo sguardo verso Ovest, scorgere l’inconfondibile profilo del Vesuvio. Il luogo accoglie la folla di fedeli allorché la statua del santo viene portata a spalla. Sul ciglio del promontorio, ogni anno, il lunedì in albis, si pone tradizionalmente il frascone, ovvero un crocifisso fatto di rami di ginestra, cui, da qualche anno, è stata affiancata una croce fissa illuminata artificialmente.

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A metà del tragitto tra la grotta dei Longobardi e il frascone, a 837 metri, sorge il piccolo santuario dedicato all'Arcangelo, aperto ai fedeli che si radunano in pellegrinaggio per la messa officiata dal parroco. Lungo il sentiero che conduce al santuario è possibile ammirare le tre faje (in verità, nel 2005 il sentiero fu attraversato da una fenditura nel terreno che provocò la caduta di uno degli alberi, sicché ad oggi restano solo due dei tre faggi), tre faggi secolari che, con i loro 28 metri di altezza, rientrano tra gli alberi monumentali della Campania, mentre una quercia di 12 metri di altezza distende la sua chioma discreta a proteggere, a mo’ di volta, la piccola cappella di San Michele Arcangelo.

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Un borgo, dunque, che, attraverso il culto del Santo più caro ai Longobardi, tiene vivo il legame con le sue origini altomedioevali, di cui è testimonianza lo stesso impianto urbanistico.  

Così, le stradine, i vicoletti, le piazze, le abitazioni di questo borgo tranquillo ci parlano sommessamente di un tempo passato. Mentre i nostri passi risuonano sul selciato nel silenzio del crepuscolo, alla tenue luce che delicatamente tinge di arancio i muri e lievemente scivola tra gli stretti vicoli.     

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