Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me

Quando, da studente delle scuole superiori (tempo che, ormai, sconfina nell’Archeozoico!!!) studiavo la poetica e suggestiva filosofia di Kant, leggendo, in particolare, la Critica della ragion pratica, la mia mente e il mio animo non potevano non essere ammaliati da uno dei più bei versi in prosa che io abbia mai letto:

“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me”

E mi figuravo il metodico sensibile elegante Immanuel disteso supino, le braccia incrociate dietro il capo a mo’ di cuscino, ad osservare l’infinita volta stellata, nel silenzio ancestrale della notte. 

“Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata”.

E, mentre studiavo, mi sorprendevo a contemplare quello stesso cielo punteggiato di miliardi di stelle, sentendomi parte di qualcosa di più grande e di più bello. E mi figuravo a riflettere su quanto il manto notturno, pur così infinitamente esteso, non fosse fonte di sbigottito disorientamento né di spaventoso terrore, ma, anzi, sembrasse quasi custodire e proteggere la mia fragilità umana. E, però, allo stesso tempo, mi donava la gioiosa consapevolezza della mia grandezza e superiorità morale proprio in quanto essere umano.

“La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria […] La legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito”.

La possibilità e la capacità che ci sono state donate di innalzare la nostra anima all’Assoluto divenendo un tutt’uno con la Natura e vivendo della sua vita e della sua bellezza ci rendono certi che siamo parte di un grandioso e insondabile progetto. Tale consapevolezza rigenera il nostro spirito stanco, ci appaga di una distesa felicità, ci regala l’inebriante gioia dell’abbraccio cosmico.

Regala a noi, uomini infinitamente piccoli dinanzi alla maestosa grandezza dell’universo, le ali di Icaro per volare verso il Sole.